Questione di stile: capitolo 1

 

E’ da un po’ che volevamo creare un nuovo progetto per Donneingamba.com, un progetto che ci permettesse di rivolgerci anche ai più giovani, di affrontare con loro temi importanti in modo leggero ed il tutto legarlo al mondo della MODA che a noi piace tanto. Nasce così l’idea di creare un fotoromanzo “QUESTIONE DI STILE”. La parola “stile” non è riferita solo al modo diverso di vestirsi, ma soprattutto è legata ai diversi STILI DI VITA che hanno le nostre protagoniste, stili in cui potrete riconoscervi. Abbiamo potuto realizzare questo progetto grazie all’aiuto di MARINELLA FERRERO che sta scrivendo il romanzo, dei nostri fotografi ANDREA ASTI (sono sue le foto senza nome) e RAFFAELE SORDILLO e grazie al sostegno dei nostri partner.

Pubblicheremo un capitolo ogni due settimane di giovedì. Speriamo che possiate affezionarvi ai personaggi di questo fotoromanzo e seguire l’evoluzione delle loro storie. Buona lettura.

I NOSTRI PARTNER:

NASTRIFICIO P. BONICATTI: via Torino, 275 S.Mauro T.se (To) Tel. 011 8221575

 

RISTORANTE RI...CIACCI di Rita Ciacci: strada Comunale di Mongreno, 50 Torino

Tel. 0118980734

 

HOME CREATION’S di Antonella Ghiotti: via Susa, 40 Pianezza (To) – mail: antonella.ghiotti@gmail.com

 

CARTOLERIA MONGELLI di Federico Mongelli: corso Grosseto, 131/D Torino

Tel. 011 3746682

 

UN RINGRAZIAMENTO SPECIALE A DON MAURO DIRETTORE DELLA CASA SALESIANA MICHELE RUA PER AVERCI PRESTATO LE AULE DELLA SCUOLA.

                                     PRIMO CAPITOLO

Corro sul bagnasciuga di una spiaggia semi deserta. Sento l’acqua che mi bagna le caviglie, il sole che mi scalda la pelle e la brezza che mi accarezza il viso. Corro verso di lui, bellissimo, alto, moro, anche se il sole mi impedisce di distinguere il suo volto perfetto. Mi sento libera, mi sento bene, mi sento sicura…fino a quando un suono improvviso mi spaventa, mi disturba e diventa così fastidioso che sono costretta a coprirmi le orecchie con le mani….

 

Avete presente quando nei sogni state per raggiungere la meta e vi sentite finalmente sicure di voi stesse, imbattibili e così forti che nemmeno un supereroe o un meteorite potrebbero abbattervi? Ecco, in quel momento suona la sveglia. Potete aver scelto anche i suoni meno fastidiosi dell’intero universo, con gli uccellini e i campanellini, ma in ogni caso il ritorno alla realtà è così deludente che vi sentite morire.

 

Esistono due tipi di persone: quelle insensibili al richiamo del tepore delle coperte, che quando suona la sveglia, come dei robot, si tirano su e in meno di tre secondi netti sono già sveglie e iperattive, pronte ad affrontare il mondo;

 

 

e poi c’è la schiera degli amanti del piumone, che temono il freddo del pavimento e odiano il pensiero di doversi separare dal quel microclima ideale, al sicuro della propria casa e dalle persone che popolano il mondo. Indovinate? Io faccio parte della schiera “amanti del piumone” e in questo momento, mentre l’aggeggio infernale mi ricorda che devo abbandonare la me stessa “modella sexy” che corre sulla spiaggia verso l’amore della sua vita, tiro fuori dal piumone un braccio, clicco su posponi e mi ripeto “ancora dieci minuti”.

 

 

Il problema è sempre lo stesso, tutte le mattine. I dieci minuti diventano quindici, poi venti, poi venticinque e io me ne accorgo perché dall’altra stanza sento arrivare la voce fastidiosissima di mia mamma che urla <<Giulia, forza, farai tardi>> e continua come un disco rotto con una serie di varianti sul tema <<Dai Giulia è tardi>>, <<Giulia, muoviti, non te lo ripeto più>>, <<La sera vai a dormire tardi e poi la mattina non ti alzi>>, <<Basta, Giuliiiia, non farmi venire di là>>, <<Ora conto fino a tre e poi vengo di là. Uno, due, tr…>>

 

 

e sul tre si accende la luce, mi si distacca quasi la retina e sono costretta ad alzarmi. Effettivamente è un po’ tardi, con gli occhi ancora socchiusi apro l’armadio e tiro fuori a caso un paio di pantaloni e una maglietta. Mi infilo il giubbotto mentre faccio colazione in piedi, mangiando un biscotto, indosso la mia collana preferita, auricolari per la musica,

 

 

do un bacio a mia sorella e mio padre che, come persone normali stanno facendo colazione seduti al tavolo in cucina, e sono fuori.

 

 

L’aria è fredda e ovviamente devo correre. Se arrivo in ritardo anche oggi il professore di matematica non mi farà entrare in classe,

 

 

il che sarebbe un ottimo inizio per la mia giornata, ma con tutti i ritardi che ho accumulato, per punizione, dovrò già fermarmi dopo la fine delle lezioni a dare una mano per preparare lo spettacolo di fine anno….dovrò fermarmi tutti i giorni almeno un’ora e questo solo perché, dopo essere arrivata tardi, lo stregone dei numeri mi ha chiesto di fare una proporzione rispetto ai minuti di ritardo accumulati. Io, che sono brava a scuola, ma che non sono proprio un genio della matematica, ho dato una risposta a caso, suscitando l’ilarità generale dei miei gentili compagni di classe. Così adesso mi tocca sprecare un’ora della mia vita tutti i giorni per sei mesi. 60 interminabili minuti letteralmente buttati dalla finestra. 2200 secondi…no un momento, 2300 secondi…3600 secondi della mia esistenza (ve l’avevo detto che la matematica non è il mio forte!), persi per preparare uno stupidissimo spettacolo che tutti gli anni diventa più importante e assomiglia sempre più a uno di quei varietà di Canale 5, a metà strada tra il programma con i tronisti della De Filippi, le domeniche pomeriggio della D’Urso, XFactor, l’abbonamento al Teatro Stabile e i concerti del mercoledì del conservatorio. La cosa peggiore sono i protagonisti indiscussi che da cinque anni calcano le scene dello spettacolo del liceo classico Parmini di Torino:

 

- il “club delle iene chic”, un gruppo di ragazze bellissime, ricche ed eleganti, alle dipendenze di Ludovica, reginetta della scuola. Traduzione: odiose ragazze frivole ma fastidiosamente sempre perfette.

 

 

- i “cervelloni”, ragazzi/e mediamente studiosi ma con qualche dote eccezionale. C’è chi sa suonare in modo impeccabile il pianoforte, chi sa cantare, chi balla da quando tu ancora gattonavi e portavi il ciuccio, chi recita. Traduzione: si chiamano “figli di papà”, sono i migliori nelle discipline che praticano perché i genitori li parcheggiano a lezione di qualsiasi cosa per potersene vantare e per non occuparsene, infatti, hanno seri problemi relazionali.

 

 

- il gruppo degli “emo”, geni incompresi dell’avanguardia artistica, che rielaborano l’arte in maniera creativa, soffrendo. Traduzione: ragazzi talmente annoiati, che cercano di attirare l’attenzione e vanno in giro vestiti in maniera imbarazzante…ogni volta che li vedo penso “Leopardi, ovunque tu sia, scusali se puoi!”

 

 

Io invece faccio parte della schiera degli “invisibili”. Noi invisibili non siamo abbastanza belli, abbastanza ricchi, abbastanza alla moda, abbastanza omologati a un genere, e fortunatamente non siamo abbastanza autocelebrativi. Per questo nello spettacolo di fine anno stiamo dietro le quinte.

 

 

A me piace studiare ma odio lo spettacolo di fine anno. Lo so, detto da una ragazza di 17 anni suona strano, però lo studio mi tiene impegnata e lontana da casa. E poi sono all’ultimo anno di liceo classico e il prossimo anno potrò finalmente andare all’università e cambiare la mia vita. Potrò decidere quando alzarmi, cosa fare e quando farlo, andare a vivere da sola. Si, mi piace studiare ma non mi piace la scuola, non mi piacciono i ragazzi della mia età. Non mi interessa essere uguale agli altri, anzi, sono contenta di essere “invisibile”. Mi sembra sempre che loro non si portino dietro il peso che sento io. A volte mi manca l’aria e vorrei essere da un’altra parte.

 

Questi pensieri accompagnano la mia corsa contro il tempo, non mi accorgo neanche più dell’aria fredda del mattino. Ho perso l’autobus ma tanto preferisco camminare o correre.

 

 

Quest’anno mi sono allenata per le gare di atletica leggera ma non c’erano abbastanza iscritti così niente gara. Come dico spesso “Il mio karma mi deve delle scuse già da un po’ di tempo”.

 

Fuori dalla scuola ci sono gruppetti di ragazzi che probabilmente sono arrivati con molto anticipo. Chissà cosa avranno da dirsi a quest’ora del mattino. Ma non possono andare al bar?

 

 

<<Non ci posso credere, Giulia che varca il cancello della scuola prima che suoni la campanella! Oggi come minimo Kurt Cobain resuscita e occupa il liceo!>> Martina mi toglie uno dei due auricolari e la sua risata contagiosa mi mette di buon umore.

 

 

<<Canzone della giornata?>> chiede ancora ridendo.

 

<<Best of you, Foo Fighters. La tua?>> rispondo.

 

<<Ho capito, oggi è la tua giornata “Voglio urlare ma non posso”. Io non te lo dico>>.

 

<<Dai Marti, non ci credo, ancora? Sarà la terza mattina che ascolti Cremonini. “Buon viaggio” piace anche a me ma dove hai lasciato il tuo animo rock?!>>, non ho ancora finito la frase che scoppiamo a ridere. In quel momento penso “Meno male che c’è Martina”. Lei è una delle poche persone che non mi annoiano e che vorrei avere sempre vicino. È sempre di buon umore, ha sempre un buon consiglio da darmi e ci vogliamo bene. Ma ci vogliamo bene in modo naturale e incondizionato.

 

 

Il primo giorno di scuola mentre cercavo di rendermi invisibile in un angolo della classe Martina è arrivata e con un sorriso rassicurante mi ha chiesto <<Posso sedermi?>> non avevo ancora detto sì e lei, guardando i titoli delle canzoni che stavo scrivendo sul foglio per fare una nuova playlist sul mio telefono, incalza <<devi assolutamente aggiungere almeno un pezzo dei Red Hot Chili Peppers, dei Rolling Stones, dei Radiohead…ti piacciono i Green Day ma ami anche gli U2?! Diventeremo grandi amiche! Con che pezzo hai iniziato la giornata?>>. Da quel momento io e Martina siamo diventate inseparabili. Tutte le mattine da cinque anni ci salutiamo e ci diciamo con che pezzo musicale abbiamo iniziato la giornata. Se non ci vediamo perché una delle due è malata, ovviamente ci scriviamo su WhatsApp. Il sabato ci scambiamo i cinque titoli della settimana e creiamo una nuova playlist su Spotify.

 

 

Martina suona il piano, ha una cultura musicale eccezionale e gusti molto simili ai miei….a parte la cotta adolescenziale che ha confessato di avere per Cesare Cremonini.

 

<<Ciao Martina. Ah, ci sei anche tu. Ciao>> come una nota stonata arriva la voce fastidiosa di Ludovica Maggesi. I genitori di Martina sono molto amici dei genitori della “reginetta della scuola”. Questo è l’unico difetto di Martina. Ludovica è molto bella ed è sempre perfetta. Ogni giorno indossa un cappotto di un colore diverso, un vestito bellissimo e alla moda, unghie curate e make up da cinema e non porta lo zaino. No, lei arriva con una borsa firmata, tanto i libri glieli portano le sue tre amichette devote.

 

Loro fanno parte di quello che io chiamo “il club delle iene chic”. Sembrano uscite da una rivista o dalla pagina di un fashion blogger.

 

 

Mi chiedo sempre quante ore ci mettono al mattino per uscire di casa. Faranno sicuramente parte della schiera degli automi-robot che scattano in piedi non appena suona la sveglia. Probabilmente non sono essere umani ma alieni insensibili al freddo. Mentre mi perdo come al solito nei miei pensieri, Ludovica sferza il suo colpo sinistro.

 

<<Martina>> come se io ovviamente non esistessi e frequentassi un’altra scuola <<hai sentito che parteciperemo a un bando europeo con lo spettacolo di fine anno? Verrà a vederci una giuria di esperti, dei quali non posso ancora dirti il nome, e sceglierà gli studenti migliori per ogni categoria danza, teatro, canto, moda, cabaret per uno spettacolo importante. Ho bisogno di averti nel gruppo per la categoria moda>>

 

Martina ha iniziato a balbettare <<bè, non saprei..>>.

 

<<Non vorrai fare ancora la figura della cervellona, suonare il piano e passare inosservata come tutti gli anni?>>

 

 

Cerco di stare calma e non intromettermi, io e Martina abbiamo un tacito accordo, ma è più forte di me e dico tutto d’un fiato <<la moda dovrebbe servire a rappresentare la nostra personalità e non la tua vanità. Non ti serve uno spettacolo per ricordarci che te ne intendi più di noi comuni mortali>> e lo dico con tutto il sarcasmo che riesco a esternare.

 

<<Qualcuno dovrà pur occuparsi di dimostrare come ci si deve vestire per essere al passo con la moda del momento e mantenere una certa classe>> e mentre dice questa cattiveria mi squadra con il suo sguardo perfido dalla testa ai piedi.

 

 

Vorrei replicare ma Martina mi guarda con i suoi occhioni buoni da sorella maggiore saggia, molto più saggia di me, perché sa che non ne vale la pena. Ludovica, così abituata ad ottenere quello che vuole, avrebbe comunque l’ultima parola.

 

<<Se hai bisogno di me, ci sarò. Ma sappi che continuerò anche a suonare il mio noiosissimo piano come tutti gli anni. L’unica differenza è che se ti occupi tu degli abiti, suonerò con un vestito bellissimo>> interviene Martina che riesce a smorzare la tensione con la sua risata allegra e leggera.

 

<<Tu>> grugnisce Ludovica rivolgendosi a me <<oggi cerca di essere puntuale almeno per le prove dello spettacolo. In fondo il tuo gusto per la moda è pari a quello di un manovale, ci sarà molto lavoro da fare per creare la giusta scenografia e organizzare i gruppi>>.

 

Non faccio in tempo a replicare che lei se n’è già andata. Vorrei urlarle una delle mie battute sarcastiche ma Martina mi trascina via dicendo <<Andiamo, lasciale stare, non ne vale pena, lo sai anche tu>>.

 

I PROFESSORI

 

E io lo so che ha ragione, però penso che non sia giusto, soprattutto per Martina che è stata invitata a far parte del “gruppo” solo perché i loro genitori sono amici. Mi chiedo anche come faccia Martina a sopportare di far parte di quel “gruppo”.

 

Saliamo le scale e prendiamo posto ai nostri banchi, sempre uguali.

 

 

Entra il professore di matematica che si stupisce nel vedermi già seduta al mio posto e mi lancia uno sguardo tra lo stupito e il compiaciuto.

 

 

Ho già la mente che vaga e si perde nel dolce pensiero dell’ora successiva di lettere quando lo stregone dei numeri dice <<interrogazione a sorpresa>>. Il suo dito inizia a scorrere l’elenco dei nomi e in quel momento mi sento come i miei compagni, perché lo so che proviamo tutti la stessa morsa allo stomaco in quei pochi secondi che sembrano eterni,

 

 

fino a quando il silenzio si interrompe <<Interroghiamo, interroghiamo…interroghiamo Giulia. Visto che ci hai degnato della tua presenza all’inizio della lezione, vieni pure alla cattedra>>.

 

Ho come l’impressione di non piacere proprio a quest’uomo. La cosa ovviamente è reciproca. Con questo pensiero mi scappa una risatina e il suo sguardo diventa perfido, si alza e inizia a girarmi attorno come un avvoltoio alla ricerca di una domanda che mi possa mettere in difficoltà.

 

 

A quel punto sento gli occhi dei miei compagni e dello stregone puntati addosso, mi torna in mente la voce fastidiosa di Ludovica che mi ricorda che il mio gusto per la moda è pari a quello di un manovale e immagino il club delle iene che si scatena in una risata. La mia giornata non è iniziata proprio nel migliore dei modi. Vorrei rimettere indietro l’orologio e tornare sotto al piumone, nel mio letto. A volte è proprio difficile avere 17 anni.